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L'impugnazione del pignoramento presso terzi, per il quale si contesta l'omessa o irregolare notifica della cartella di pagamento di natura tributaria, va proposta in Commissione Tributaria - Cassazione a SSUU sentenza n.13913 del 05/06/2017
Ultimo aggiornamento
25/09/2017
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Pignoramento presso Terzi competenza del Giudice Tributario
Cass.SSUU n.13973 del 05/06/2017
In tema di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di pignoramento, che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento o degli altri atti presupposti dal pignoramento, è ammissibile e va proposta, ai sensi degli artt. 2, comma 1, secondo periodo e art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell'art. 57 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e dell'art. 617 c.p.c.,davanti al giudice tributario.
I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno ritenuto necessario nel caso di specie suddividere la giurisdizione in base al petitum formale contenuto nell’impugnazione specifica: per cui si ha:
a) giurisdizione tributaria se è richiesto in sede di ricorso introduttivo l’annullamento dell’atto presupposto o meglio dell’atto prodromico rispetto al pignoramento mobiliare ultimo atto esecutivo
b) giurisdizione ordinaria se nel ricorso introduttivo è richiesta dal ricorrente la dichiarazione di nullità del pignoramento quale vizio proprio dell’atto stesso;
La principale questione prospettata a queste sezioni unite con il ricorso in esame attiene all'individuazione del giudice - ordinario o tributario cui è devoluta la cognizione dell'opposizione proposta avverso un atto di pignoramento effettuato in forza di crediti tributari e basata sulla dedotta mancata o invalida previa notificazione della cartella di pagamento recante la suddetta pretesa creditoria (o comunque di un altro atto che deve precedere l'inizio dell'espropriazione).Al riguardo, il quadro normativo essenziale di riferimento è costituito:
a) dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, che (dopo le modifiche apportate dalla L. n. 488 del 2001, art. 12, comma 2, e dalla L. n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248 del 2005) ha attribuito in generale alle commissioni tributarie, per i giudizi di merito, la giurisdizione in materia tributaria, precisando, nel secondo periodo del comma 1, che "Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notificazione della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui al D.P.R. 20 settembre 1973, n. 602, art. 50, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica";
b) dal citato D.P.R. n. 546 del 1992, art. 19, recante l'elenco degli atti impugnabili davanti alle commissioni tributarie, suscettibile (secondo la nota e consolidata giurisprudenza di questa Corte) di ampliamento per interpretazione estensiva (in relazione, ad esempio, ad ogni atto autoritativo contenente una ben individuata pretesa tributaria a carico del contribuente);
c) dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, comma 2, per il quale il procedimento di espropriazione forzata nell'esecuzione tributaria è regolato "dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione" in quanto non derogate dal capo II del medesimo d.P.R. e con esso compatibili;
d) dal citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse nè le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c. (salvo quelle concernenti la pignorabilità dei beni) nè quelle regolate dall'art. 617 c.p.c. ove siano relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo;
e) dall'art. 9 c.p.c., comma 2, che attribuisce al tribunale (in via generale e residuale) la competenza esclusiva delle cause in materia di imposte e tasse.
Da questo plesso di norme si evince, in ordine al riparto di giurisdizione (sostanzialmente nello stesso senso, ex plurimis, Cass. n. 18505 del 2013), che:
1) le cause concernenti il titolo esecutivo, in relazione al diritto di procedere ad esecuzione forzata tributaria, si propongono davanti al giudice tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1 secondo periodo; art. 9 c.p.c., comma 2);
2) le opposizioni all'esecuzione di cui all'art. 615 cod. proc. civ. concernenti la pignorabilità dei beni si propongono davanti al giudice ordinario (art. 9 c.p.c., comma 2);
3) le opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c., ove siano diverse da quelle concernenti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, si propongono al giudice ordinario (art. 9 c.p.c., comma 2);
4) le opposizioni di terzo all'esecuzione di cui all'art. 619 c.p.c. si propongono al giudice ordinario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58; art. 9 c.p.c., comma 2).
Rimane tuttavia aperto il problema dell'individuazione del giudice davanti al quale proporre l'opposizione agli atti esecutivi ove questa concerna la regolarità formale o la notificazione del titolo esecutivo e, in particolare, ove il contribuente, di fronte al primo atto dell'esecuzione forzata tributaria (cioè all'atto di pignoramento), deduca (come nella specie) di non avere mai ricevuto in precedenza la notificazione del titolo esecutivo.
Sussistono in proposito due opposti orientamenti di questa Corte, che, pure, partono dal condivisibile comune presupposto interpretativo secondo cui l'inammissibilità delle opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi stabilita dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 non va intesa (pena la violazione del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost.) come assoluta esclusione della tutela giudiziale delle situazioni soggettive prese in considerazione da dette opposizioni. Gli orientamenti divergono, però, sull'individuazione del giudice da adire.
In base al primo di essi (espresso, tra le altre pronunce, da Cass., Sezioni Unite, n. 14667 del 2011; Cass., Sezione quinta, n. 24915 del 2016; spunti nello stesso senso in Cass., Sezioni Unite, n. 15994 e n. 5993 del 2012, anche se in relazione alla diversa fattispecie di una "opposizione ex art. 617 c.p.c., diretta a far valere vizi della cartella di pagamento" emessa per un credito tributario), l'opposizione agli atti esecutivi riguardante un atto di pignoramento, che il contribuente assume essere viziato da nullità derivata dall'omessa notificazione degli atti presupposti, si risolve nell'impugnazione del primo atto in cui viene manifestato al contribuente l'intento di procedere alla riscossione di una ben individuata pretesa tributaria: l'opposizione, pertanto, è ammissibile e va proposta davanti al giudice tributario (ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, e art. 19 - estensivamente interpretato -).
In base al secondo e più recente orientamento (espresso, tra le altre pronunce, da Cass., Sezioni Unite, n. 21690 del 2016 e n. 8618 del 2015; Cass., Sezione terza, n. 24235 e n. 9246 del 2015), l'opposizione agli atti esecutivi riguardante un atto di pignoramento, che il contribuente assume essere viziato per nullità derivata dall'omessa notificazione degli atti presupposti, è ammissibile e va proposta dinanzi al giudice ordinario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e degli artt. 617 e 9 cod. proc. civ., perchè la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria sussiste quando sia impugnato un atto dell'esecuzione forzata tributaria successivo alla notificazione della cartella di pagamento (come, appunto, un atto di pignoramento), restando irrilevante il vizio dedotto e, quindi, anche quando detto vizio venga indicato nella mancata notificazione della cartella di pagamento: in tale ipotesi, il giudice ordinario dovrà verificare solo se ricorra il denunciato difetto di notifica all'esclusivo fine di pronunciarsi sulla nullità del consequenziale pignoramento basato su crediti tributari.
Il suddetto contrasto giurisprudenziale va risolto dando prevalenza e continuità al primo (meno recente) orientamento, che si lascia preferire per ragioni letterali e sistematiche.
Sotto l'aspetto letterale, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, individua il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria nella "notificazione della cartella di pagamento" (ovvero, a seconda dei casi, dell'avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, dell'avviso cosiddetto "impoesattivo" o dell'intimazione di pagamento): prima di tale notifica la controversia è devoluta al giudice tributario, dopo, al giudice ordinario. La disposizione richiede dunque, per radicare la giurisdizione del giudice ordinario, la notificazione del titolo esecutivo (o degli altri atti costituenti presupposti dell'esecuzione forzata tributaria). Ne deriva che l'impugnazione di un atto dell'esecuzione forzata tributaria (come il pignoramento effettuato in base a crediti tributari) che il contribuente assume essere invalido perchè non preceduto dalla suddetta notificazione integra una opposizione ai sensi dell'art. 617 c.p.c. nella quale si fa valere una nullità "derivata" dell'atto espropriativo (sulla riconducibilità di siffatta impugnazione all'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c., ex plurimis, Cass. n. 252 del 2008) e che è devoluta alla cognizione del giudice tributario, proprio perchè si situa (beninteso, secondo la deduzione difensiva del contribuente) prima della notificazione in discorso. In questa prospettiva, ai fini della giurisdizione, non ha importanza se, in punto di fatto, la cartella (o un altro degli atti equipollenti richiesti dalla legge) sia stata o no effettivamente notificata: il punto attiene al merito e la giurisdizione non può farsi dipendere dal raggiungimento della prova della notificazione e, quindi, secundum eventum. Rileva invece, ai fini indicati, il dedotto vizio dell'atto di pignoramento (mancata notificazione della cartella) e non la natura, propria di questo, di primo atto dell'espropriazione forzata (art. 491 c.p.c.).
Va poi osservato, sempre da un punto di vista letterale, che l'orientamento secondo cui è ammissibile davanti al giudice ordinario l'impugnazione del pignoramento incentrata sulla mancata notifica della cartella di pagamento (o dei suddetti atti assimilabili) si scontra con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo.
Nè appare convincente ripartire la giurisdizione, nell'ipotesi in esame, in base al petitum formale contenuto nell'impugnazione proposta dal contribuente: a) giurisdizione tributaria, ove sia richiesto l'annullamento dell'atto presupposto dal pignoramento (cartella ed equipollenti); b) giurisdizione ordinaria, ove sia richiesta la dichiarazione di nullità del pignoramento. Non solo il petitum sostanziale è unico (il contribuente ha interesse a rendere non azionabile la pretesa tributaria, facendo valere una soluzione di continuità nell'iter procedimentale richiesto dall'ordinamento) e non solo una simile ricostruzione sarebbe inutilmente artificiosa, obbligando ad una duplice azione davanti a giudici diversi, ma nella specie sarebbe problematico individuare in concreto l'atto presupposto dal pignoramento ove (come prospettato dalla parte) l'atto di pignoramento sia l'unico atto portato a conoscenza del contribuente. Del resto, l'invalidità della notificazione della cartella o l'omissione della medesima notificazione non integrano, in sè, un vizio della cartella, ove non si accompagnino alla intervenuta decadenza dal potere di procedere alla riscossione. Inoltre, come già osservato, ammettere davanti al giudice ordinario l'impugnazione del pignoramento per omessa notifica della cartella appare comunque in contrasto con il menzionato divieto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57; divieto che, per la sua collocazione sistematica e per la sua sopra ricordata formulazione, deve ritenersi assoluto (cioè diretto non esclusivamente al giudice tributario).
Sotto l'aspetto sistematico, poi, l'atto di pignoramento non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento integra (come sottolineato dalla CTR) il primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario e pertanto, in quanto idoneo a far sorgere l'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., rientra nell'ambito degli atti impugnabili davanti al giudice tributario in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (quale interpretato estensivamente dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte: ex plurimis, Sezioni Unite n. 9570 e n. 3773 del 2014). Il sopra indicato più recente orientamento interpretativo, nell'attribuire alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia concernente un atto compreso tra quelli di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 cit., risulterebbe disarmonico rispetto al disegno del legislatore di riservare al giudice tributario la cognizione delle controversie relative a tali atti.
Infine, con l'adozione del primo orientamento giurisprudenziale, troverebbe una più agevole sistemazione il disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo. Tale inammissibilità, infatti, può ben essere interpretata nel senso di comportare il divieto di proporre dette opposizioni davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, facendo valere, come nella specie, l'invalidità del pignoramento per la mancata notificazione della cartella di pagamento.
In tal modo, tutto sembra ricomporsi in armonia con l'originario disegno del legislatore che, nel prevedere nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 l'inammissibilità davanti al giudice ordinario di alcune opposizioni in sede di esecuzione forzata, ha evidentemente presupposto che le situazioni soggettive poste a base di esse possano essere preventivamente tutelate davanti al giudice tributario.
In conclusione - nell'accogliere sostanzialmente, sul punto, il decisum della CTR - va riaffermato il principio di diritto secondo cui "in materia di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di pignoramento, che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta - ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, art. 19, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e art. 617 cod. proc. civ. - davanti al giudice tributario".
Nella specie, con il rigetto del primo motivo di ricorso per cassazione, viene tenuta ferma la statuizione della CTR che ha dichiarato la giurisdizione del giudice tributario ed ha rimesso la causa alla CTP per l'esame delle questioni riguardanti le cartelle di pagamento poste a base del pignoramento e, in particolare, sia per "l'accertamento della correttezza della loro notificazione", sia per la dichiarazione della giurisdizione di altro giudice in relazione alle eventuali pretese non tributarie in esse contenute.
3.- Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 112 c.p.c. - l'omessa pronuncia sulla preliminare eccezione di inammissibilità dell'appello sollevata dall'appellata agente della riscossione in ragione della novità della domanda della società appellante, la quale, pur non avendo contestato in primo grado la documentazione prodotta con memorie illustrative e concernente gli estratti di ruolo con le copie delle connesse relate di notificazione, aveva negato solo con l'atto di appello l'idoneità probatoria di tali documenti (per la mancata produzione in giudizio degli originali o delle copie conformi sia delle cartelle che degli avvisi di ricevimento). Per la ricorrente, la raggiunta prova della notificazione delle cartelle di pagamento e della conseguente loro definitività, avrebbe dovuto indurre la CTR a declinare la giurisdizione del giudice tributario in materia di opposizione a pignoramento ed a confermare la sentenza della CTP. 4.- Il rigetto del primo motivo di ricorso, con la dichiarazione della giurisdizione tributaria, comporta l'assorbimento del secondo motivo.
Come osservato non ha importanza ai fini dell'attribuzione della giurisdizione se, in punto di fatto, la cartella (o gli altri atti richiesti dalla legge) sia stata o no effettivamente notificata: la pronuncia sulla giurisdizione, infatti, non può dipendere dal raggiungimento in concreto della prova della notificazione della cartella, trattandosi di punto attinente al merito, da accertarsi dal giudice avente giurisdizione sulla controversia (nella specie, come visto, il giudice tributario).
Art. 57 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi)
In vigore dal 1 luglio 1999
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46
1. Non sono ammesse:
a) le opposizioni regolate dall'articolo 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni;
b) le opposizioni regolate dall'articolo 617 del codice di procedura civile relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.
2. Se è proposta opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti avanti a sé con decreto steso in calce al ricorso, ordinando al concessionario di depositare in cancelleria, cinque giorni prima dell'udienza, l'estratto del ruolo e copia di tutti gli atti di esecuzione.
Delle opposizioni agli atti esecutivi
c.p.c. art. 617. Forma dell'opposizione.
Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio [c.p.c. 153] di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto [c.p.c. 479, 484] .
Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione [c.p.c. 491] e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti [c.c. 2929; c.p.c. 630; disp. att. c.p.c. 186; c.n. 668
Art. 19 Atti impugnabili e oggetto del ricorso [50] [51]
In vigore dal 2 marzo 2012
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 12, comma 3, lettera a), D.L. 2 marzo 2012, n. 16
1. Il ricorso può essere proposto avverso:
a) l'avviso di accertamento del tributo;
b) l'avviso di liquidazione del tributo;
c) il provvedimento che irroga le sanzioni;
d) il ruolo e la cartella di pagamento;
e) l'avviso di mora;
e-bis) l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; [48]
e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; [48]
f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell' art. 2, comma 2; [49]
g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;
h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.
2. Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l' indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della commissione tributaria competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell' art. 20.
3. Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all' atto notificato, ne consente l' impugnazione unitamente a quest' ultimo .
Art. 2 Oggetto della giurisdizione tributaria [2] [10]
In vigore dal 1 gennaio 2016
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 9, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156
1. Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica.
2. Appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale. Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni.
3. Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio.
In merito alla prescrizione quinquiennale delle cartelle la Corte di Cassazione in ben due occasioni ha espresso un principio, ossia quello in base al quale le cartelle si prescrivono dopo 5 anni se non opposte e dieci se c'è una sentenza passata in giudicato, Cass. SS. UU. n° 25790/09 e Cass. SSUU 23397/2016.
La stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 280/05 , i giudici costituzionali osservarono che, sotto il profilo del principio del diritto di difesa (art. 24 Cost.), non è “consentito lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione”; l’arco temporale di potenziale riscossione del credito erariale non può e non deve apparire “certamente eccessivo e irragionevole”.
Per cui non si condivide la tesi dell'agente della riscossione della prescrizione decennale.
I giudici della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 23397 depositata in data 17/11/2016, hanno definitivamente stabilito che le pretese della Pubblica Amministrazione (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Comuni, Regioni etc.) si prescrivono nel termine “breve” di cinque anni, eccetto nei casi in cui la sussistenza del credito non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
Secondo la Suprema Corte la cartella esattoriale, pur avendo le caratteristiche di un titolo esecutivo, resta un atto amministrativo privo dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, il che significa che la decorrenza del termine per l'opposizione, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, mentre non determina alcun effetto processuale, sicchè non può trovare applicazione l'art. 2953 cod. civ. ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve (quinquennale) in quello ordinario decennale.Cass. civ. Sez. Unite, Sent. n. 23397 del 17/11/2016
Attualmente si continua a sostenere la prescrizione decennale, ma alla luce delle SSUU 25790/09 e 23397/2016, con la guida della sentenza della Corte Costituzionale sent. 280/05 il quadro è il seguente: Le cartelle per il bollo auto si prescrivono dopo 3 anni e per tutti gli altri tributi 5 anni , se c'è una sentenza passata in giudicato 10 anni.
L'altro orientamento invece ritiene che la prescrizione sia quinquiennale per tutte le cartelle con tributi a cadenza annuale, (tributi locali, cciaa, tasse ccgg), tre anni per il bolo auto e dieci anni per gli erariali (Irpef, Iva,Irap).
La Corte Costituzionale con la sentenza n.280/2005: ha stabilito che il contribuente non può essere esposto alle aggressioni del fisco per un periodo di 10 anni (prescrizione ordinaria), essendi tale termine irragionevole e in contrasto con il diritto alla difesa.
Assogettare i contribuenti all'azione del fisco per ben 10 anni è illegittimo, La Corte Costituzionale con la sentenza n. 280/05 osservò che, sotto il profilo del principio del diritto di difesa (art. 24 Cost.), non è “consentito lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione”; l’arco temporale di potenziale riscossione del credito erariale non può e non deve apparire “certamente eccessivo e irragionevole”. ,
Sulla durata decennale della azione accertatrice dell'agenzia delle Entrate è chiaro, che bisogna sollevare la incostituzionalità portando all'attenzione dei giudici la sentenza n.280/05 della Corte Costituzionale
Le sentenze Cass. SS. UU. n° 25790/09 e Cass. SSUU 23397/2016 hanno espresso un principio, ossia quello in base al quale le cartelle si prescrivono dopo 5 anni se non opposte e dieci se c'è una sentenza passata in giudicato.
Cassazione 20424/2017 sul Bollo auto
Il bollo auto si prescrive dopo tre anni: Le Regioni non possono invocare alcun termine di prescrizione decennale, la Cassazione ha depositato la sentenza 20425/2017, con cui ha stabilito che vale anche per la tassa automobilistica la pronuncia delle Sezioni unite (sentenza 23397/2017) che aveva già escluso la prescrizione decennale per le cartelle di pagamento relative a contributi previdenziali.