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LE ENTRATE TRIBUTARIE
Si definisce tributaria l’entrata caratterizzata dalla coattività della prestazione. Tale coattività costituisce l’elemento essenziale ed incontestabile per l’individuazione del tributo e per la sua differenziazione dalle altre entrate. Sono pertanto tributi le imposte, le tasse, i monopoli fiscali ed i c.d. “contributi”.
La Tassa
La tassa e' un prelievo che si configura come un corrispettivo all'ente per una per una controprestazione che quest’ultimo effettua per il soggetto stesso e su sua richiesta, ad esempio la tassa smaltimento rifiuti, pago per avere il servizio. La tassa non e' agganciata al principio della capacità contributiva.
L'imposta
l'imposta e' un prelievo coattivo, il cittadino deve corrisponderla indipendentemente dalal ricezione di una controprestazione in servizi. la prestazione coattiva di carattere pecuniario dovuta dal soggetto passivo, senza alcuna correlazione con una attività dell’ente pubblico, tantomeno a favore del soggetto stesso, il quale deve adempiere la prestazione allorché si trovi in un dato rapporto ex lege con il presupposto di fatto legislativamente stabilito.Presupposto di fatto dell’imposta, in ossequio dell’art. 53 Costituzione, è l’esistenza di una situazione rilevatrice di capacità contributiva. Le imposte possono essere dirette, che colpiscono la ricchezza al momento in cui viene prodotta e indirette, che colpiscono la ricchezza nel momento in cui viene spesa.Altra classificazione delle imposte è quella che distingue le imposte reali da quelle personali: le prime, dette anche oggettive, prendono in esame il solo evento e non anche il soggetto d’imposta; le seconde prendono invece in esame la persona e la sua effettiva capacità contributiva.Le imposte infine possono in base alle modalità di calcolo si possono essere proporzionali (l’imposta aumenta in misura proporzionale rispetto all’aumento dell’imponibile), progressive (se l’imposta aumenta in misura più che proporzionale rispetto all’imponibile) e regressive (qualora invece aumentino meno che proporzionalmente rispetto all’imponibile)
I contributi
Il contributo può essere definito come quell’entrata tributaria che l’ente pubblico impo-sitore realizza sotto forma di prelievo coattivo di ricchezza a carico di determinati soggetti, per il fatto che costoro traggono vantaggio da determinati servizi pubblici, anche senza che essi li abbiano richiesti. ad esempio i contributi per la pensione.
Il monopolio fiscale
Il monopolio fiscale è un istituto giuridico mediante il quale lo Stato si riserva la produzione e/o la vendita di determinati beni o servizi al fine di assicurare all’erario il conseguimento di entrate derivanti dall’esercizio di suddette attività. Monopoli fiscali sono attualmente in Italia quelli relativi alla lavorazione di pro-dotti a base di tabacco, il gioco del lotto, le lotterie, estrazione e produzione di sale.
I principi costituzionali del diritto tributario:
a) la riserva di legge (art. 23); “nessuna prestazione personale o patrimoniale può esse-re imposta se non in base alla legge”. Trattasi di riserva di legge relativa: ciò signi-fica che la legge disciplina gli aspetti essenziali (a. presupposto, b. soggetti, c. aliquote, d. base imponibile), mentre la disciplina di grado inferiore servirà ad integrare e a curare gli aspetti più particolarmente tecnici. Può anche accadere che il legislatore preveda dei limiti massimi e minimi (c.d. forchette) per la de-terminazione delle aliquote, mentre i provvedimenti ministeriali le stabiliranno più nello specifico. La riserva di legge ha precisi fini garantistici: è il Parlamen-to che ha il potere di imporre un tributo e non il Governo, quindi i rappresen-tanti del cittadino, da lui democraticamente scelti; b) la capacità contributiva (art. 53), secondo il quale ogni soggetto è tenuto all’adempimento della prestazione in ragione della sua capacità contributiva. Possono costituire oggetto di tassazione solo quei fatti economicamente valu-tabili quali ad esempio un incremento patrimoniale, un investimento ecc. c) l’universalità dell’imposta (art. 53), per il quale “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”; d) l’uguaglianza (relativa) dell’onere tributario (art. 3), secondo il quale l’onere fiscale deve essere suddiviso fra tutti i soggetti d’imposta in proporzione della propria capacità contributiva; e) la progressività del sistema tributario (art. 53), principio programmatico, at-tuabile in concreto mediante varie forme (progressività per detrazione, per classi, per scaglioni, progressività continua); f) l’inabrogabilità delle norme tributarie a mezzo referendum (art. 75) g) l’impossibilità di introdurre nuovi tributi con la legge di approvazione del bilancio (art. 81);
I Diritti del Contribuente, la Legge 212/2000 (cosi' detto statuto del contribuente)
La legge 212/2000 e' stata definita la carta costituzionale dei diritti del contribuente, ma purtroppo viene continuamente calpestata e violata sia dal legislatore sia dalla stessa agenzia delle entrate, sono passati parecchi anni dalla sua promulgazione, ma purtroppo la sua piena attuazione e' lungi da essere attuata. Esempi classici, sono le continue proroghe dei termini per gli accertamenti, dove la legge 212/2000 non lo consente, l'omessa notifica dell'avviso bonario rende nulli gli atti successivi, altra norma affatto rispettata dagli stessi giudici tributari. Per ulteriori approfondimenti si veda lo statuto del contribuente.
Il domicilio fiscale
La nozione tributaria di “domicilio” risulta, per le persone fisiche, più ampia di quella data dall’art. 43 c.c., avvicinandosi piuttosto al concetto di residenza. Normalmente in domicilio fiscale viene ad essere identificato con il Comune nella cui anagrafe i cittadini sono iscritti. La P.A. può tuttavia stabilire il domicilio fiscale di un soggetto nel luogo in cui questi svolge l’attività prevalente o ha la sede amministrativa. A loro volta i contribuenti possono richiedere il cambio del domicilio fiscale, se ricorrono particolari circostanze. Per i cittadini residenti all’estero vale quale domi-cilio fiscale il comune nel quale si è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più comuni, il comune in cui si è prodotto il reddito più elevato. I cittadini italiani residenti all’estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministra-zione, nonché i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe ed emigrati in stati aventi un regime fiscale privilegiato hanno, invece, il domicilio fiscale nel comune di ul-tima residenza nello Stato. Per gli stranieri, il domicilio fiscale è dato dal comune in cui risiedono o dimorano da almeno un anno. Per gli enti collettivi, il domicilio fiscale è fissato nel luogo in cui è ubicata la sede legale.
La dichiarazione
Nel nostro ordinamento le imposte sui redditi vengono pagate con il sistema della denuncia verificata. L’art. 1 del DPR 600/73 dispone infatti che ogni soggetto passi-vo deve dichiarare annualmente i redditi posseduti anche se da essi non ne consegue un debito d’imposta. I soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili, poi, debbono presentare la dichiarazione anche in mancanza di reddito. La dichiarazione si configura come una dichiarazione di scienza (in passato era con-siderata come una confessione stragiudiziale, con tutte le conseguenze immaginabili), con la quale il contribuente rende edotta l’Amministrazione finanziaria circa la determinazione della base imponibile, il suo ammontare nonché la relativa im-posta da versare. La Dichiarazione deve essere presentata da tutte le persone che l‘anno precedente hanno avuto redditi (dagli imprenditori e dagli esercenti arti e professioni deve es-sere presentata, come detto, anche se non hanno percepito alcun reddito) su mo-delli predisposti annualmente dall’Agenzia delle Entrate. I modelli variano a se-conda che si tratti della dichiarazione di persone fisiche, società di persone o di capitali.
La dichiarazione delle persone fisiche
Per le persone fisiche il modello da utilizzare può essere UNICO Persone Fisiche (il modello ordinario di dichiarazione che comprende, oltre alla dichiarazione dei redditi, la dichiarazione annuale dei contribuenti Iva, la dichiarazione Irap e, facoltativamente, anche il modello 770 ordinario dei sostituti d’imposta) oppure – se il dichiarante è un lavoratore dipendente o un pensionato – il modello 730. Quest’ultimo è un modello semplificato di dichiarazione che i lavoratori dipen-denti, i collaboratori coordinati e continuativi e i pensionati possono consegnare al proprio datore di lavoro o ente pensionistico oppure ad uno degli appositi Centri di assistenza fiscale (Caf) costituiti dalle associazioni sindacali o dai datori di lavoro. Ai Caf che possono anche, dietro compenso, compilare la dichiarazione - de-ve essere presentata tutta la documentazione necessaria. Quest’obbligo sussiste anche se al Caf viene presentata la dichiarazione già compilata. Utilizzare il mo-dello 730 presenta notevoli vantaggi: - è più facile da compilare e non richiede di eseguire calcoli; il contribuente non deve neanche preoccuparsi di far pervenire la dichiarazione all’amministrazione finanziaria. A tutto questo pensano il datore di lavoro o l’ente pensionistico oppure il Caf a cui il contribuente si è rivolto; - il contribuente ottiene il rimborso dell’imposta eventualmente trattenuta in più, direttamente nella busta paga o nella rata di pensione del mese di luglio (per i pensionati che percepiscono la pensione in rate bimestrali il rimborso è effettuato a partire dal mese di agosto o di settembre). In caso debba invece pagare delle somme, queste verranno trattenute direttamente dallo stipendio o dalla pensione. Se lo stipendio o la pensione sono insufficienti per il pagamen-to, la parte residua, maggiorata degli interessi mensili, verrà trattenuta dalle competenze dei mesi successivi. Il contribuente può anche chiedere (riempien-do una apposita casella della dichiarazione) di rateizzare le trattenute in più mesi, pagando l’interesse dello 0,5% mensile. Non possono utilizzare il 730 (e devono presentare la dichiarazione col modello UNICO) coloro che possiedono redditi di impresa e redditi derivanti dall’esercizio di arti o professioni, i dipendenti da datori di lavoro che non sono obbligati ad effettuare le ritenute (ad es. lavoratori domestici) e coloro che presentano la dichiarazione per conto di contribuenti deceduti.
La dichiarazione delle società di persone
Le società di persone devono presentare la dichiarazione, agli effetti dell’IRAP da esse dovuta e agli effetti dell’IRPEF o dell’IRES dovuta dai soci, nei termini fissati per la dichiarazione delle persone fisiche. La dichiarazione è unica e deve contene-re l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari alla determinazione degli imponibili.
La dichiarazione delle persone giuridiche
Anche i soggetti IRES, dal 1999, debbono presentare la dichiarazione unica. Solo i contribuenti il cui periodo di imposta non corrisponde con l’anno solare o che de-vono presentare solo una delle dichiarazioni che confluiscono nella dichiarazione unica, devono continuare a presentare il modello 760. La dichiarazione dei soggetti IRES, oltre a tutti gli elementi necessari alla determi-nazione degli imponibili, devono fornire i dati per l’individuazione del contri-buente e di almeno un rappresentante.
La dichiarazione dei sostituti d’imposta
La dichiarazione dei sostituti d’imposta persone fisiche, confluisce nella cd. di-chiarazione unificata, che consente di assolvere contemporaneamente anche gli obblighi dichiarativi relativi alle imposte sui redditi, all’IVA e all’IRAP. La dichia-razione dei sostituti d’imposta è valevole anche ai fini dei contributi dovuti all’INPS e dei premi dovuti all’INAIL. I soggetti tenuti ad operare le ritenute alla fonte devono rilasciare un certificato at-testante l’ammontare complessivo delle somme e dei valore corrisposti con l’indicazione dell’ammontare delle ritenute operate e delle detrazioni di imposta effettuate.
La tassazione degli utili nel sistema tributario italiano e il principio del divieto della doppia imposizione
I dividendi sono una fattispecie reddituale passibile di subire una doppia imposizione, posto che costituiscono presupposto imponibile: prima in capo alla società all’atto della formazione; poi in capo al socio all’atto della distribuzione. Per evitare l’insorgenza della predetta doppia imposizione il nostro sistema impositivo ante riforma riconosceva ai soci un credito di imposta 9/16 in misura pari alle imposte già pagate dalla società. In un secondo momento fu aumentata l'irpeg, ora ires, ma non fu adeguato il credito d'imposta realizzando una violazione del divieto di doppia imposizione e un'imposta occulta del 1%. La riforma ha introdotto nuovi meccanismi aventi come finalità l’eliminazione, o quanto meno il contenimento, dei fenomeni di doppia imposizione sui dividendi. Questi meccanismi sono: 1. la generalizzazione del “metodo dell’esenzione” in base al quale i redditi della società sono tassati solo in capo alla società ed esentati in capo ai soci; 2. l’introduzione per le società di capitali del “metodo della trasparenza” in base al quale i redditi della società sono tassati sia in capo alla società che in capo ai soci, ma con riconoscimento a questi ultimi di un credito d’imposta in misura pari alle imposte già pagate dalla società; 3. l’introduzione del consolidato fiscale. Il contenimento della doppia imposizione è peraltro soltanto parziale. Questo per-ché: la generalizzazione del “metodo dell’esenzione”, ancorché applicabile alla ge-neralità delle distribuzioni dei dividendi, prevede comunque soglie di non im-ponibilità solo parziali, oltre che differenziate in funzione delle qualità sogget-tive del percipiente (ambito oggettivo di applicazione limitato); gli istituti della trasparenza fiscale e del consolidato fiscale, pur idonei a conseguire l’obiettivo della perfetta neutralizzazione della doppia imposizione sul dividendo, risultano utilizzabili non per la generalità dei dividendi, bensì sol-tanto in presenza di specifici requisiti soggettivi ed oggettivi (ambito soggetti-vo di applicazione limitato). Il “metodo dell’esenzione” trova applicazione in qualsiasi contesto distributivo, con la sola eccezione delle distribuzioni a “percipienti soggetti Ire non imprendito-ri” di dividendi derivanti da partecipazioni non qualificate (per le quali viene pre-vista l’integrale imponibilità, ma con aliquota secca del 12,5%). Le soglie di qualifi-cazione previste attualmente sono: 1. per le società non quotate: a) percentuale dei diritti di voto esercitabili in as-semblea ordinaria > 20%; b) percentuale di partecipazione al capitale > 25%. 2. per le società quotate: a) percentuale dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria > 2%; b) percentuale di partecipazione al capitale >5%. Il metodo dell’esenzione previsto dalla riforma è tuttavia un metodo “attenuato”, nel senso che la non imponibilità dei dividendi in capo al socio all’atto della distri-buzione viene prevista solo in misura parziale. In particolare, viene operata una distinzione tra: dividendi percepiti da soggetti passivi Ires; 45 dividendi percepiti da soggetti passivi Ire nell’ambito di esercizio di attività d’impresa; dividendi percepiti da soggetti passivi Ire al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa; Vale la pena sottolineare che il nuovo criterio generale di tassazione dei dividendi prevede differenti trattamenti fiscali solo in funzione della destinazione del divi-dendo (ossia in funzione delle qualità soggettive del percipiente), mentre a nulla rileva la provenienza del dividendo (ossia se si tratta di dividendo di fonte italiana o di fonte estera). In questo modo è stata infatti attuata una parificazione di trat-tamento fiscale tra dividendi “infra nazionali” e dividendi “sovra nazionali”.Questo nuovo sistema a mio parere viola il dettato costituzionale in particolare il principio della progressività dell'imposta e la parità di trattamento, creando disparità tra chi e' socio di società di capitali e chi e' ditta individuale o socio di società di persone. Per ulteriori approfondimento si veda: distribuzione degli utili societari .