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Accertamento sul Transfer pricing - Transfer price
Ultimo aggiornamento 21/03/2015
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Che cos’è il Il transfer pricing, prima di tutto si verifica soltanto nei gruppi multinazionali nei quali ai fini di risparmiare le imposte trasferiscono quote di utili da un paese a fiscalità elevata (come l’Italia) a quelli  fiscalità ridotta. Quindi possiamo definire il trasfer pricing come  un trasferimento di utili da uno stato a fiscalità elevata ad un altro a fiscalità agevolata  conseguente risparmio d’imposta. La fattispecie è regolata agli Art. 110  c. 7-2 Art. 9 c.3-4 , D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917(TUIR). In base all’art. 9 per la determinazione del valore normale si fa riferimento in quanto possibile, ai listini o tariffe del soggetto che ha fornito i beni o servizi o in mancanza ai listini delle camere di commercio alle tariffe professionali tenendo conto degli sconti d’uso. La situazione è stata recepita anche dall’Ocse all’art. 9  (cosiddetto principio dell’arm’s length prezzo di libera concorrenza) laddove è previsto che nei casi di gruppi multinazionali il trasferimento da infragruppo che comporta prezzi diversi da quelli di mercato, possono essere accertati dall’amministrazione finanziaria dei singoli paesi. In sostanza il prezzo di libera concorrenza deve intendersi come il valore normale o di mercato dei beni. Sulla base del differenziale tra il prezzo pattuito in una transazione infragruppo e il valore normale di un bene le amministrazione finanziarie degli stati possono effettuare aggiustamenti al valore delle transazioni al fine di aumentare i redditi imponibili delle imprese verificate. Le amministrazioni finanziarie nazionali devono prendere come punto di riferimento per i propri aggiustamenti i prezzi che sarebbero stati convenuti tra imprese indipendenti per transazioni identiche o similari effettuate sul libero mercato. Bisogna quindi verificare se le transazioni commerciali intercompany vengano effettuate rispettando il principio di libera concorrenza (arm's length principle),

Che cos’è il principio  dell’Arm's Lenght Principle, ossia il principio di libera concorrenza stabilito dalle Linee Guida dell’Ocse, secondo cui il prezzo equo applicabile nelle

transazioni infragruppo corrisponde a quello che sarebbe stato pattuito per transazioni simili poste in essere da imprese indipendenti. Con riferimento al diritto italiano, tale principio è racchiuso essenzialmente nel concetto di valore normale di cui all’art. 9 del Dpr 63/72

Il Fisco deve limitarsi a dimostrare l’anti economicità dell’operazione, ma lo deve fare, fatto questo l’onere della prova sarà invertito sul contribuente che dovrà provare l’inerenza dell’operazione e quindi il suo carattere non elusivo. Se l'amministrazione finanziaria dimostra l'anti economicità manifesta e macroscopica dell'operazione, esulante dal normale margine di errore di valutazione economica, la circostanza può anche assumere rilievo quale indizio di non verità della fattura e, dunque, di non verità dell'operazione stessa o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all'utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA. In tal caso, spetta all'imprenditore dimostrare che la prestazione del bene o servizio è reale ed inerente all'attività svolta. Cassazione, Sez. V, 27 settembre 2013, n. 22130

L'onere della prova della ricorrenza dei presupposti di fatto dell'elusione grava, in via di principio, sull'amministrazione finanziaria che intenda operare le conseguenti rettifiche (Cass. n. 22023/2006).

Invero, per quanto concerne i componenti positivi del reddito, incombe certamente sull'amministrazione finanziaria - secondo le regole generali in materia (art. 2697 cod. civ.) - l'onere di provare la fondatezza della rettifica da transfer price, ossia la fondatezza della pretesa fiscale azionata, con riferimento allo scostamento tra il corrispettivo pattuito ed il valore normale dei beni o dei servizi scambiati. L'onere di fornire la dimostrazione dell'esistenza e dell'inerenza di componenti negative del reddito, e qualora si tratti – come nella specie - di costi derivanti da servizi o beni prestati o ceduti da una società controllante estera ad una controllata italiana, anche di ogni elemento che consenta all'amministrazione di verificare il normale valore dei relativi corrispettivi, non può che essere - in forza del cosiddetto principio di vicinanza alla prova – in capo al contribuente (cfr. Cass. n. 1709/2007). Tale onere non può ritenersi soddisfatto attraverso la produzione di uno studio di un consulente, trattandosi di un mero parere, non vincolante, tanto più se di carattere generale e non riguardante la concreta operazione per cui è giudizio. Cassazione, Sez. V, 13 luglio 2012, n. 11949

Il criterio prioritario per stabilire il "valore normale" dei corrispettivi, nelle vendite tra imprese appartenenti ad un gruppo multinazionale, è quello enunciato dalla seconda parte del comma 3 dell'art. 9 D.P.R. n. 917/1986, che lo individua nel riferimento, in via principale ed in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi, ed in via subordinata - in caso di mancanza o inattendibilità di tali elementi - alle mercuriali e ai listini delle Camere di Commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso; solo in via sussidiaria potrà farsi riferimento al criterio enunciato dalla prima parte del comma 3 dell'art. 9 D.P.R. n. 917/1986, che va inteso nel senso che il mercato al quale occorre fare riferimento, ai fini della determinazione del "valore normale" dei prezzi e dei corrispettivi nelle vendite infragruppo, è quello nazionale del venditore, ossia il mercato italiano. Cassazione, Sez. trib., 23 ottobre 2013, n. 24005

Per contrastare il fenomeno – avente comunque anche carattere elusivo fiscale – la disposizione nazionale impone (in via principale) allo stesso contribuente (atteso che essa detta i criteri giuridici da seguire, in primis, ai fini della determinazione del reddito da dichiarare, quindi a prescindere dall’azione di verifica dell’amministrazione fiscale, esperita solo in seguito da questa) di considerare, per le peculiari operazioni dalla stessa contemplate, il criterio del “valore normale” del bene (ceduto o ricevuto) e/o del servizio (prestato o ricevuto) anziché quello ordinario, previsto dall’art. 53 (ora art. 85) del cit. Tuir, del “corrispettivo convenuto”. Conseguentemente, non si contempla alcuna presunzione di percezione di un corrispettivo diverso da quello convenuto; semplicemente, il legislatore detta l'unico criterio legale da adottare per la valutazione reddituale della particolare operazione economica, a prescindere, quindi, dal corrispettivo effettivamente pattuito e con assoluta irrilevanza delle concrete ragioni economiche per le quali lo stesso è stato fissato dai contraenti in misura minore. Cassazione, Sez. V, 31 marzo 2011, n. 7343

È l’amministrazione finanziaria ad essere gravata dell'onere della provare le proprie pretese. Il contribuente (nella specie, Ford Italia s.p.a.) non è, infatti, tenuto a dimostrare la correttezza dei prezzi di trasferimento applicati, se non dopo che l'amministrazione finanziaria abbia provato il mancato rispetto del principio del valore normale. Cassazione, Sez. V, 13 ottobre 2006, n. 22023

 

L’amministrazione finanziaria ha il potere di rideterminare il valore dell’operazione in verifica riferendosi al valore di un’operazione campione a condizione che:

         siano determinati i requisiti soggettivi (è compresa la stabile organizzazione e le vendite effettuate da soggetti non residenti)

         che il soggetto residente ed il soggetto non residente abbiano un  nesso di collegamento che indichi che entrambi facciano parte del gruppo specificatamente inteso ai fini dei prezzi di trasferimento (controllo diretto,- maggioranza dei voti in assemblea ordinaria o influenza dominante in assemblea ordinaria-, indiretto, -partecipazione detenute attraverso un’altra società-, e di fatto, cioè influenza economica, - joint venture, membri comuni del CdA, relazioni di famiglia tra le parti, dipendenza finanziaria, vendita esclusiva di prodotti)

         si verifichino determinati requisiti oggettivi e specificatamente che l’operazione in verifica sia considerata un’operazione soggetta a prezzi di trasferimento (operazioni infragruppo che originano prezzi di trasferimento: cessione di beni materiali, prestazione di servizi, trasferimento di beni immateriali, operazioni di finanziamento).

         Queste tre condizioni permettono di individuare il perimetro di applicazione dei prezzi di trasferimento.

 

Quindi e presupposti per il  transfer price sono i seguenti:

         l’autonoma residenza fiscale dei soggetti

         l’appartenenza dei soggetti alla stessa impresa multinazionale

         il discostarsi del prezzo da quello praticato nel mercato.

         Concorrono a generare transfer price anche la pattuizione di interessi superiori al tasso medio e la corresponsione di royalty superiori all’effettivo valore del trasferimento di tecnologia.

         La disciplina dei prezzi di trasferimento è stata sviluppata dalle organizzazioni internazionali ma anche dai singoli ordinamenti tributari

 

I metodi tradizionali di rideterminazione del trasfer pricing  sono tre:

         metodo del confronto del prezzo (cup Comparable Uncontrolled Price Method): In base ad esso, per determinare il valore normale è necessario porre a confronto il prezzo praticato nell’operazione in verifica con quello desunto da un’operazione comparabile a quelle in verifica, che sia intervenuta tra un soggetto appartenente al gruppo ed un soggetto indipendente (confronto interno) ovvero tra soggetti indipendenti (confronto esterno).

         metodo del prezzo di rivendita (Resale Price Method): Secondo tale metodo il valore normale equivale al prezzo al quale i beni o servizi che sono stati acquistati da un soggetto appartenente al gruppo (il rivenditore), sono da esso rivenduti ad un soggetto indipendente, diminuito di un margine di utile lordo nel quale vanno compresi, oltre all’utile netto del rivenditore i costi inerenti alla vendita.

         metodo del costo maggiorato (cost plus Cost Plus Method): Il metodo del costo maggiorato è applicato qualora non si possa procedere all’applicazione del cup e del prezzo di rivendita.Secondo tale metodo il valore normale è determinato dal costo di produzione del bene oggetto delle operazioni in verifica aumentato di un margine di utile lordo (criterio opposto al prezzo di rivendita).I casi tipici a cui è applicabile sono quelli in cui un soggetto produttore vende i propri prodotti ad un soggetto acquirente appartenente al suo stesso gruppo, il quale ne aumenti il valore attraverso attività di trasformazione.

 

Transfer pricing domestico

Che cos’è il Il transfer pricing domestico, prima di tutto si verifica soltanto nei gruppi nazionali nei quali ai fini di risparmiare le imposte trasferiscono quote di utili dal Nord a tassazione ordinaria al sud a tassazione agevolata che usufruisce delle  agevolazioni fiscali stabilite dal D.P.R. n. 601/1973, art. 26 (cfr. C.M. 26 febbraio 1999, n. 53).. operazioni eseguite con consociate «non residenti nel territorio dello Stato», con la conseguenza che transazioni commerciali realizzate tra due società dello stesso gruppo, entrambe con sede in Italia, pratica normalmente attuata da società controllanti (o collegate), con sede nei territori del Centro-Nord, che cedono merci, beni immateriali o servizi alle controllate (o consociate) aventi sede nel Mezzogiorno ad un prezzo inferiore al valore normale così come definito dall'art. 9 Tuir (Cassazione sentenza n. 17955/2013).

 

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