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Tasse di concessione governativa cellulari illegittime
Ultimo aggiornamento
19/12/2014
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EFFETTUIAMO RICORSI IN TUTTA ITALIA
Ogni mese lo Stato preleva dalle tasche degli italiani dotati di cellulare
in abbonamento
5,16 euro
per i contratti ad uso privato e 12,91 euro
per quelli ad uso affari, ma nella giungla
delle mille leggi, nessuno si era accorto che la tassa di concessione sui
telefonini cellulari non e' piu' legittima.
La famigerata tassa
prevista dall'art. 21
della tariffa allegata al D.P.R. n. 64111972
non e' piu dovuta dopo I'entrata in vigore del nuovo Codice delle
comunicazioni dlgs n. 259/2003.
Non perche' quanto espressamente abrogata dal Codice, ma per il venire meno
dei presupposti impositivi ossia il monopolio dello Stato.
Con la
liberalizzazione dei servizi di comunicazione, il dlgs n. 259/2003
ha fatto venire meno la ragione di mantenere in vita un regime di tipo
concessorio,; infatti affinché ci sia la concessione l'etere deve essere
monopolizzata dallo Stato, cosa non più vigente.
L'art. 318 del dpr n.
156/1973 abrogato dall'art. 218, D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259. anche
se non più applicabile l'agenzia delle entrate, con una invenzione
giuridica, considera il contratto di abbonamento sostitutivo della licenza,
e per questo lo tassa. Tale tesi non e' condivisibile Venendo a mancare,
contemporaneamente , il regime concessorio e I'art. 318, che costituiva il
presupposto della tassazione del contratto di abbonamento, I'imposizione di
cui all'art. 21 della tariffa non risulta più applicabile. Ne consegue, che
la previsione contenuta nell'art. 3 del decreto
ministeriale 13/2/1990, n. 33,
e' illegittima e come tale va disapplicata . Quindi la tesi del fisco in
virtù della quale nonostante I'abrogazione dell'art. 318, sarebbe
ancora in vigore in quanto richiamato dal dm n. 33/1990 tuttora vigente e'
un assurdo giuridico. Una tassa deve trovare nella legge la sua
legittimazione e non in un atto normativo secondario come un decreto
ministeriale. Sarebbe pertanto utile iniziare a richiedere il rimborso della
tassa di concessione governativa sui telefonini e trascorsi 90 giorni se
c'e' silenzio rifiuto ricorrere alla Commissione Tributaria Provinciale. Ad
avere convenienza a richiedere il rimborso, sono certamente gli enti locali
(comuni, province, regioni) e tutti gli altri enti e società o ditte che
hanno pagato fior di quattrini per una tassa ormai inesistente.
Il contratto
sottoscritto dagli utenti, pur non essendo un provvedimento amministrativo,
sostituirebbe ad ogni effetto la licenza di stazione radio richiamata
dall'articolo 21 della tariffa allegata al Dpr 641/1972. Ad avviso dei
Comuni, invece, con la liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione ad
opera del Dlgs 259/2003 si è realizzata la privatizzazione del servizio
pubblico. Il contratto di abbonamento di diritto privato (articolo 1 del
Dlgs 259/2003) non può essere assimilato al documento che in base alla
previgente normativa attestava la condizione di abbonato al servizio
pubblico. Inoltre, l'articolo 21 della tariffa allegata al Dpr 641/1972
richiama l'articolo 318 del Dpr 156/1973, a sua volta abrogato dal Dlgs
259/2003 , e ciò sarebbe sufficiente a far ritenere la tassa non più dovuta.
in tal senso Commissione Tributaria
Regionale del Veneto, con le sentenze n.33 del 2 aprile 2012, n.5 del 10
gennaio 2011, nonché
la Commissione Tributaria
di Perugia con la sentenza 15 febbraio 2011 n. 37 non solo
hanno riconosciuto che a seguito dell'entrata in vigore del Nuovo Codice
delle Telecomunicazioni questa tassa non è più dovuta, ma ha anche affermato
l'illegittimità e l'anacronismo, in un mercato in cui vigono le regole della
liberalizzazione! l'etere è libera e non sussiste alcun monopolio dello
Stato.
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