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La trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria
Il Regime di Trasparenza.Il legislatore prevede la facoltà, per le società di capitali, di optare per il "regime di trasparenza delle società di persone", L'imputazione del reddito imponibile alle partecipanti avviene, così come previsto per le società di persone, nel rispetto del principio della competenza economica e proporzionalmente alle quote di partecipazione agli utili, nel periodo di imposta in corso alla data di chiusura dell'esercizio.L'attribuzione del reddito nel rispetto delle regole previste per le società di persone in ordine all'efficacia fiscale delle variazioni intervenute nella compagine sociale, avviene nei confronti dei soli soci che rivestono tale qualifica alla chiusura dell'esercizio.Il socio quindi ha l'obbligo di dichiarare la sua quota nel quadro RH di unico, indipendentemente dalla percezione. e non si applica la ritenuta d'imposta del 12,5%, tipica dei dividendi rivenienti da partecipazioni non qualificate detenute.
Svantaggi
La responsabilità solidale l'introduzione del principio di "responsabilità solidale" della società partecipata con ciascuna partecipante, per l'imposta, le sanzioni e gli interessi conseguenti all'obbligo di imputazione dei redditi costituisce un grosso ostacolo all'adozione del regime di trasparenza. Analoga disposizione è applicabile anche alle società a responsabilità limitata a ristretta basa proprietaria. Non risulta che, nell'ambito delle società di persone, si fosse precedentemente presa in considerazione l'ipotesi di inserimento di fattispecie legate al concetto di solidarietà fra soci e società. La portata della norma è notevole, sia sotto il profilo giuridico, in quanto comporta il superamento del principio della separazione della responsabilità tra società e socio, sia sotto il profilo economico, dati gli importanti effetti che si potranno produrre, in via diretta, sul patrimonio della partecipata, e in via indiretta, su quello delle altre partecipanti.
I Vantaggi:
Neutralizzazione degli effetti derivanti dall'abolizione del credito di imposta sui dividendi, con notevoli vantaggi in termini di risparmio d'imposta, con l'applicazione in capo al soggetto di un aliquota piu' bassa di quella che avrebbe pagato la società nella misura del 33%.
Modalità di imputazione dei redditi societari ai soci
La quota di reddito (o di perdita) della società a responsabilità limitata (o della cooperativa) viene imputata in capo al socio, a prescindere dal fatto che questi percepisca effettivamente tale quota di utili. In particolare, l'adozione del regime di trasparenza permette ai soci, che svolgono anche attività d'impresa, di compensare gli utili e le perdite, derivanti dalla partecipazione, con le perdite ed utili derivanti da attività commerciali. L'obbligo del pagamento dell'imposta sul reddito della partecipata si sposta dalla sfera societaria al socio persona fisica, con la conseguenza che il reddito della partecipata sconterà nella sostanza le aliquote previste nell'ambito della tassazione Irpef. L'opzione per il regime fiscale in esame consente alla società ed ai suoi soci di ottenere particolari vantaggi fiscali, considerato che: - il reddito della società partecipata viene trasferito dalla sfera impositiva Ires, cui corrisponde una tassazione ordinaria con aliquota al 33 per cento, alla sfera impositiva Irpef (futura Ire), nella quale per i redditi di minore ammontare operano aliquote inferiori a quella proporzionale prevista per le società; - il regime di trasparenza consente di evitare qualsiasi ulteriore tassazione degli utili al momento della loro distribuzione; non opererà, pertanto la ordinaria tassazione (40 per cento del dividendo distribuito per le partecipazioni qualificate, ovvero la ritenuta a titolo d'imposta del 12,50 per cento, nel caso di possesso di partecipazioni non qualificate).
Modalità di esercizio dell'opzione necessaria per usufruire del regime di
trasparenza
Le modalità - Per accedere al regime della trasparenza - che, ricordiamo, è
facoltativo - occorre esercitare una specifica opzione che ha validità
per i tre anni . Le modalità di esercizio dell'opzione sono disciplinate
dal comma 4 dell'articolo 115 del Tuir e, più in dettaglio dal Dm
23 aprile 2004, attuativo delle norme sulla trasparenza, il quale
all'articolo 4 conferma le previsioni della norma primaria e precisa meglio
i diversi adempimenti che i soci e la società devono porre in essere.
L'articolo 116 ("piccola trasparenza") rinvia alle disposizioni previste
dall'articolo 115, in quanto compatibili, e anche il comma 4 dell'articolo
14 del decreto attuativo fa ampio rinvio alle norme sulla "grande
trasparenza".
Il comma 4 dell'articolo 115 stabilisce che l'opzione: deve essere
esercitata congiuntamente dalla stessa società e da tutti i suoi soci;
deve essere comunicata all'amministrazione finanziaria entro il primo dei
tre periodi d'imposta della partecipata;
Motivi di cautela fiscale hanno indotto il Legislatore a stabilire, anche
per il regime della trasparenza, l'irrevocabilità della scelta operata
per tre anni, cioè tale da evitare un utilizzo distorto dell'istituto.
La norma prevede, inoltre, che l'opzione sia esercitata entro il primo
dei tre periodi d'imposta della partecipata. Per i soggetti con
esercizio coincidente con l'anno solare il termine scade il 31 dicembre, ma,
qualora il periodo d'imposta della società partecipata non coincida con
l'anno solare il termine per manifestare l'opzione da parte dei soci e della
società è collegato alla chiusura del primo esercizio di efficacia
dell'opzione di tale società. Non rileva la data di chiusura del periodo
d'imposta dei soci, né ha effetto la non coincidenza di questa data con
quello di chiusura della società partecipata. I soggetti interessati,
inoltre, possono decidere di effettuare l'opzione all'inizio come alla fine
dell'anno, dunque anche dopo aver versato gli acconti (situazione assai più
probabile). Del problema "acconti", tuttavia, si riparlerà in un successivo
approfondimento.
L'articolo 4, comma 1, del Dm 23 aprile 2004 conferma che l'opzione per la
trasparenza, per essere valida, deve essere effettuata da tutte le società
(partecipanti e partecipata) e fornisce, inoltre, le seguenti precisazioni:
1) l'esercizio dell'opzione deve essere effettuato, oltre che dalla
partecipata, anche dai soci, mediante l'invio alla società partecipata di
una raccomandata con ricevuta di ritorno contenente la volontà di optare per
il regime della trasparenza (comma 1, primo periodo). Il decreto in
questione non stabilisce gli specifici contenuti della comunicazione, purché
dalla medesima si evinca inequivocabilmente la volontà del socio di optare
per la tassazione per trasparenza. Si tratta, quindi, di una scelta che
necessita l'unanimità di intenti da parte dei soci partecipanti, essendo
sufficiente il dissenso di un socio di minoranza (con partecipazione di
entità anche trascurabile) per vanificare l'ingresso del regime per tutti
gli appartenenti alla compagine societaria. Questo passaggio normativo (che
va giudicato positivamente poiché diversamente si avrebbe un'imposizione, da
parte della maggioranza, di un regime fiscale che imputa redditi senza che
la minoranza abbia la garanzia di poter incidere sulle scelte relative alla
distribuzione dei dividendi) comporta qualche aggravio procedurale,
imponendo l'invio di una comunicazione da parte di tutti i soci
partecipanti. Circa gli effetti di una mancata effettuazione del regolare
invio da parte di tutti i soci della propria adesione all'operazione, non vi
sono riferimenti precisi, anche se si ritiene che questo vizio possa
incidere sulla validità stessa dell'opzione da parte della partecipata,
vanificando così la scelta. Particolari modalità sono poi previste nel caso
in cui nella compagine sociale siano presenti società fiduciarie: sul punto
facciamo rinvio al paragrafo 4 della citata circolare n. 49/E del 2004;
2) l'opzione si perfeziona quando è trasmessa all'Agenzia delle entrate a
cura della sola società partecipata, secondo le modalità indicate nel
provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate 4 agosto 2004.
Con il citato provvedimento è stato approvato il modello per effettuare la
comunicazione dell'opzione. Esso deve essere inviato telematicamente
direttamente dalla società, se abilitata, o da altra società del
gruppo abilitata all'invio, ovvero da soggetto intermediario (dottori
commercialisti, ragionieri eccetera) o, infine, avvalendosi dell'ufficio
locale dell'Agenzia delle entrate. Se viene utilizzato l'intermediario
professionista (modalità più frequentemente utilizzata) la procedura di
invio ricalca quella predisposta per la trasmissione di Unico. L'invio
della comunicazione è condizione essenziale per l'ammissione al regime di
trasparenza, essendo a tal fine irrilevanti eventuali comportamenti
concludenti tenuti dalle società interessate. In altri termini sembra
potersi dire che l'esercizio dell'opzione è compiuto previa la necessaria
effettuazione di due adempimenti, uno interno alla compagine societaria (lettera
raccomandata) e uno esterno con controparte l'Agenzia delle entrate (trasmissione
telematica). L'assenza di uno di questi due adempimenti dovrebbe rendere
non corretto l'esercizio dell'opzione, la qual cosa ha come conseguenza
l'inefficacia del regime. La prova della presentazione è data unicamente
dalla ricevuta trasmessa dalla stessa Agenzia sempre in forma telematica.
Ancora con riferimento all'opzione, l'articolo 5 del più volte citato
decreto ministeriale chiarisce che non è valido il rinnovo tacito della
scelta esercitata. Al riguardo viene stabilito, infatti, che le modalità
mediante le quali è possibile rinnovare l'opzione alla scadenza naturale del
triennio sono le medesime previste per la prima opzione (invio telematico
della comunicazione da parte della società partecipata all'amministrazione
finanziaria, previo invio della raccomandata con ricevuta di ritorno da
parte dei soci alla partecipata).
Quando l'opzione perde efficacia
I requisiti - La perdita di efficacia dell'opzione per la trasparenza può
verificarsi qualora vengano meno, in capo ai soci partecipanti, i
requisiti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 115 e di cui al comma 1
dell'articolo 116 del Tuir (requisiti soggettivi e oggettivi, già
trattati nel precedente intervento) ovvero per particolari accadimenti
riguardanti la società partecipata.
Tra i requisiti che impediscono l'ingresso nella "grande trasparenza"
non è più citata l'emissione, da parte della società partecipata, di
strumenti finanziari partecipativi ex articolo 2346, ultimo
comma, del Cc, ma, in analogia a quanto previsto dal consolidato, viene
introdotto (con effetto dai periodi d'imposta che hanno inizio
successivamente al 1' gennaio 2005) il "blocco" al regime qualora anche una
sola delle società partecipanti fruisca della riduzione dell'aliquota ires.
Si tratta, evidentemente, di una situazione che non può estendersi alla
"piccola trasparenza", dove i soci sono persone fisiche e, in quanto tali,
non sono soggetti all' ires. Sull'intervento "correttivo" si ritornerà in un
prossimo approfondimento.
Il problema principale della perdita di efficacia è quello di individuare
correttamente la decorrenza dell'abbandono del regime. In molti casi,
come si può vedere, l'opzione per la trasparenza perde efficacia con
decorrenza dall'inizio del periodo di imposta della società partecipata in
cui sono venuti meno i requisiti richiesti dalla legge.
In altri casi, la decadenza dal regime della trasparenza si produce
al verificarsi, in capo alla società partecipata, di "circostanze"
straordinarie, quali l'assoggettamento a procedure concorsuali di cui
all'articolo 101, comma 5, del Tuir, la trasformazione in soggetto
non ires, il trasferimento della sede all'estero, la fusione e la scissione
che conducono alla scomparsa della partecipata medesima o alla perdita dei
requisiti di legge (articolo 10, commi 1, 2 e 4 del citato decreto). In tal
caso, è previsto che l'opzione perda efficacia dalla data in cui
l'operazione esplica i suoi effetti. anche possibile che l'operazione
straordinaria non comporti la scomparsa della società partecipata (ad
esempio, se essa costituisce l'incorporante) e che, anche a seguito
dell'evento, vi siano tutti i requisiti per proseguire nel regime. In tal
caso vi è la possibilità che la partecipata e i soci della stessa (ancora
una volta in modo unanime) confermino la volontà di mantenere il regime di
trasparenza, trasmettendo telematicamente il medesimo modello utilizzato in
sede di opzione. In questa ipotesi la conferma non ha un effetto novativo, e
la durata dell'opzione è pari a quella prevista inizialmente.
Si ricorda che la messa in liquidazione della società partecipata,
invece, non comporta l'inefficacia dell'opzione. Tuttavia, la
situazione non è priva di effetti. Infatti:
ai fini del calcolo del triennio di validità dell'opzione, è necessario
computare anche il periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e la data di
messa in liquidazione (articolo 182, comma 1, del nuovo Tuir);
per quanto riguarda i periodi successivi all'inizio della liquidazione della
società partecipata, in deroga all'articolo 182, comma 3, del nuovo Tuir, il
decreto ministeriale stabilisce che il reddito o le perdite fiscali di
ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano
definitivi, indipendentemente dalla durata della liquidazione stessa.
Obbligo di comunicazione telematica della scelta all'Amministrazione
finanziaria
L'adempimento - Nella disciplina che regola il regime di trasparenza sono
previste ipotesi che impongono un obbligo di informativa nei confronti
dell'amministrazione finanziaria, al verificarsi di situazioni che
comportano la decadenza dal regime di trasparenza.
Va rilevato che, dalla lettura delle istruzioni alla compilazione del
modello da inviare ai fini dell'adesione al regime emerge che non tutte le
cause che comportano la perdita di efficacia dell'opzione debbano essere
comunicate all'amministrazione finanziaria.
Ai sensi del comma 2 dell'articolo 4 del Dm 23 aprile 2004, l'obbligo di
informativa all'Agenzia delle Entrate ricade sulla società partecipata nelle
ipotesi in cui vi sia una modificazione della compagine sociale (ad esempio,
mediante ingresso di nuovi soci) e/o una modificazione delle percentuali di
partecipazione nell'ambito della compagine sociale esistente che comportino
la perdita dei requisiti previsti per l'opzione. Tale obbligo va assolto
entro i 30 giorni successivi al mutamento verificatosi, secondo le modalità
indicate nel provvedimento dell'Agenzia delle entrate 4 agosto 2004.
Al contrario, non è prevista la perdita di efficacia nelle ipotesi in cui si
modificano le percentuali di diritto di voto o di partecipazione agli utili
o muta la compagine sociale, ma permangono i requisiti di cui ai commi 1 e 2
dell'articolo 115 del Tuir. In sostanza, i soci entranti (in possesso dei
requisiti previsti dalla norma) restano vincolati all'opzione già esercitata
dai vecchi soci, fino al termine del triennio di efficacia dell'opzione.
Assume, quindi, importanza la comunicazione che il socio che cede la quota
(o la stessa società partecipata) deve in questo caso effettuare al socio
"entrante", adempimento di cui ci occuperemo nel prossimo intervento.
Altre ipotesi di obbligo di comunicazione
Le ipotesi - Il modello di comunicazione approvato con il provvedimento del
Direttore dell'Agenzia delle entrate 4 agosto 2004 va compilato non solo per
manifestare l'opzione in sede di prima applicazione del regime di
trasparenza, ma anche al verificarsi di altre ipotesi in cui è previsto
l'obbligo di comunicazione. il caso:
del rinnovo dell'opzione, da effettuare entro il primo periodo
d'imposta successivo al triennio di efficacia dell'opzione e che, di
conseguenza, non può essere tacito;
della perdita di efficacia (nel caso, ad esempio, di cessione della
partecipazione a una società di persone) che deve essere comunicata entro
30 giorni dal manifestarsi dell'evento;
della conferma dell'opzione a seguito di fusione o scissione della società
partecipata (sussistendo i requisiti di legge). La conferma deve essere
comunicata entro il termine del periodo d'imposta da cui decorrono gli
effetti fiscali della fusione o della scissione.
Il regime di trasparenza nella distribuzione di utili:
Analogamente a quanto avviene nelle società di persone, gli utili maturati in regime di trasparenza fiscale concorrono a formare il reddito dei soci, anche qualora siano distribuiti dopo la vigenza dell'opzione, in regime di tassazione ordinaria, e in misura eccedente il reddito imputato per trasparenza. Lo chiarisce espressamente il comma 1 dell'articolo 8 del Dm 23 aprile 2004, aggiungendo che la disposizione resta valida anche con riferimento alla distribuzione di tali utili e riserve, dopo il periodo di trasparenza, a favore di nuovi soci.paragrafo 2.8 della circolare 22 novembre 2004 n. 49/E .Ciò che è stato già tassato "per trasparenza" all'atto della formazione, non venga nuovamente inciso all'atto del percepimento, indipendentemente dal fatto che chi era socio al momento della produzione del reddito (e quindi ne ha "pagato le conseguenze" in termini di imposte personali) non sia più lo stesso soggetto che riceve la distribuzione degli utili (e indipendentemente dalla prosecuzione del regime di trasparenza ovvero dalla sua interruzione o mancato rinnovo). Si noti come la norma in esame consenta di convogliare ai soci le agevolazioni eventualmente fruite dalla società partecipata (ad esempio, la legge Tremonti).
Irrilevanza dei dividendi percepiti
Condizioni - La disposizione in esame è, tuttavia, subordinata alla
circostanza che i soci che ricevono gli utili distribuiti siano compresi tra
i soggetti che, ai sensi dei primi due commi dell'articolo 115, possono
essere soci di una società trasparente (non è invece richiesto che
posseggano una partecipazione compresa tra il 10 e il 50 per cento).
La disposizione in esame impedisce, ad esempio, che un nuovo socio
persona fisica, avvalendosi del regime di trasparenza, possa sottrarsi
all'obbligo di far concorrere gli utili percepiti dopo la vigenza
dell'opzione all'imposizione progressiva, sia pure nei limiti del 40% del
relativo ammontare. Lo stesso principio vale in sede di "piccola
trasparenza", in relazione alla quale la già citata circolare n. 49/E del
2004 ha chiarito che l'irrilevanza fiscale degli utili distribuiti è
operante laddove, a seguito di cessione di quote, i soci cui è versato il
dividendo siano diversi da quelli cui il reddito è stato imputato per
trasparenza, purché siano sempre persone fisiche (e quindi abbiano i
medesimi requisiti soggettivi dei loro predecessori).
Il comma 3 dell'articolo 8 del Dm 23 aprile 2004 precisa che in caso di
distribuzione di utili e di riserve di utili, comunque costituite, si
applicano nei confronti della partecipata le disposizioni contenute
nell'articolo 109, comma 4, lettera b), del nuovo Tuir, le quali prevedono
che in caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili
d'esercizio concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui
l'ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto, diverse (fino al 31
dicembre 2004) dalla riserva legale, e dei restanti utili portati a nuovo
risulti inferiore all'eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di
valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto
economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi
dedotti.
L'ingresso "in trasparenza", pertanto, non esonera la partecipata dal
rispetto del cosiddetto "vin#colo di copertura".
L'ammontare della predetta eccedenza è ridotto degli ammortamenti, delle
plusvalenze o minusvalenze, delle rettifiche di valore relativi agli stessi
beni e degli accantonamenti, nonché delle riserve di patrimonio netto e
degli utili d'esercizio distribuiti, che hanno concorso alla formazione del
reddito.
Una volta individuata la variazione in aumento del reddito della società
partecipata, anch'essa, ovviamente, concorrerà a formare il reddito che
verrà imputato per trasparenza ai soci, in base alle disposizioni stabilite
dal comma 1 dell'articolo 7 del citato Dm.
opportuno anche rammentare che il comma 6 dell'articolo 8 del decreto citato
- al fine di monitorare la formazione degli utili e delle riserve di utili
"trasparenti" nonché la loro distribuzione ai soci ovvero l'utilizzo per
altre finalità - dispone l'obbligo per la società partecipata di fornire in
dichiarazione dei redditi i relativi elementi.
La disciplina delle riserve
Trattamento - L'esercizio dell'opzione non influenza in alcun modo il
trattamento fiscale delle riserve formate con utili di esercizi precedenti a
quelli di applicazione del regime di trasparenza. Pertanto, le distribuzioni
di riserve che si sono formate anteriormente mantengono il regime ordinario,
cioè quello che avrebbero subito in assenza dell'opzione (si veda anche
l'articolo 8, comma 2, del decreto ministeriale). In altri termini, le somme
distribuite attingendo da tali riserve sono tassate o meno in capo al socio
a seconda che le stesse siano formate da utili o, al contrario, abbiano
natura di riserve di capitale cioè siano riserve costituite con sovraprezzi
di emissione delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai
sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dagli stessi
soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione
monetaria esenti da imposta (articolo 47, comma 5, del nuovo Tuir).
La disciplina delle riserve di utili pregressi, distribuiti durante il
periodo di trasparenza, è coerente con quella contenuta nell'attuale
articolo 170 del nuovo Tuir, in tema di trasformazione di una società
soggetta a Ires in una società non soggetta a tale imposta; in tal caso,
infatti, la distribuzione di riserve costituite prima della trasformazione
concorre a formare il reddito del socio, ai sensi dell'articolo 5, nello
stesso esercizio in cui sono distribuite o nel periodo d'imposta successivo
alla trasformazione, a seconda se siano iscritte o meno in bilancio con
indicazione della loro origine.
Il secondo periodo del comma 5 dell'articolo 115 prevede che, ai fini del
regime di tassazione per trasparenza, "durante i periodi di validità
dell'opzione, salva una diversa esplicita volontà assembleare, si
considerano prioritariamente distribuiti gli utili imputati ai soci ai sensi
del comma 1". Il Legislatore introduce così una presunzione che può essere
superata solo da una contraria volontà espressa dall'assemblea: si ritengono
distribuiti prima gli utili o riserve di utili che sono stati tassati per
trasparenza. Considerato che questi utili, come più volte chiarito, non sono
assoggettati a ulteriori imposte al momento della loro distribuzione, la
disposizione in esame - che opera tanto in vigenza del regime quanto
successivamente all'uscita - può essere considerata di favore per il socio.
Ai sensi dell'ultimo periodo del citato comma 5, in ipotesi di copertura di
perdite "si considerano prioritariamente utilizzati gli utili imputati ai
soci ai sensi del comma 1". Diversamente dalla distribuzione di utili,
quindi, la presunzione riguardante la copertura di perdite è qualificabile
come "assoluta", ossia non può essere superata da una diversa volontà
assembleare (anch'essa resta, comunque, valida sia nei periodi d'imposta di
vigenza dell'opzione sia nei periodi successivi).
Il comma 5 dell'articolo 8 del Dm 23 aprile 2004 coordina le presunzioni
introdotte con la disciplina della trasparenza fiscale, in materia di
distribuzione degli utili e delle riserve, con il cosiddetto "principio di
prioritaria distribuzione" previsto dall'articolo 47, comma 1, del nuovo
Tuir. In base a tale principio, indipendentemente dalla delibera
assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l'utile di esercizio
e le riserve che non hanno natura di riserve di capitale, per la quota di
esse non accantonata in sospensione d'imposta. Ai fini della trasparenza,
viene stabilito che se la delibera assembleare decide la distribuzione di
riserve di capitale, la disposizione di cui all'articolo 47, comma 1, del
nuovo Tuir si applica solo con riguardo alle riserve di utili formatesi in
periodi d'imposta in cui non è stata efficace il regime qui approfondito. La
disposizione recata dal comma 5 dell'articolo 8 in esame (applicabilità
della presunzione ex articolo 47, comma 1, del nuovo Tuir soltanto alle
riserve costituite con utili realizzati in periodi d'imposta diversi da
quelli di vigenza dell'opzione) si applica anche nell'ipotesi in cui la
distribuzione avvenga successivamente ai periodi di efficacia dell'opzione e
anche se i soci a favore dei quali la distribuzione è effettuata sono
diversi da quelli cui è stato imputato il reddito per trasparenza, a
condizione che gli stessi abbiano i requisiti soggettivi previsti dagli
articoli 115 o 116 (a seconda del caso specifico). L'applicazione pratica
dell'ordine di priorità così delineato può essere esemplificata come
mostrato nell'esempio pubblicato nella pagina precedente.
Il regime delle presunzioni disciplinato dall'articolo 8 del decreto
ministeriale, in tema di distribuzioni di utili e di riserve, può essere
sintetizzato nel modo seguente (si veda la circolare n. 49/E del 2004):
1) l'assemblea della società partecipata delibera la distribuzione di
utili o riserve di utili: per effetto della presunzione di cui al comma
4 dell'articolo 8 del decreto ministeriale, la distribuzione si considera
effettuata con utili o riserve di utili formatesi nei periodi di
trasparenza. I dividendi distribuiti, pertanto, non concorrono a formare il
reddito della società percipiente;
2) l'assemblea della società partecipata decide di distribuire utili che
non si sono formati in periodi di validità dell'opzione per il
regime di trasparenza: non opera la presunzione di cui al comma 4
dell'articolo 8 del decreto ministeriale e gli utili distribuiti concorrono
a formare il reddito della partecipante nella misura del 5% del loro
ammontare (se soggetto Ires) ovvero ai sensi degli articoli 47 e 59 del Tuir
(negli altri casi);
3) l'assemblea della società partecipata delibera la distribuzione di
riserve di capitali, si possono verificare due diverse
situazioni:
a) nel patrimonio netto della partecipata sono assenti riserve di
utili formatesi in periodi d'imposta nei quali non ha operato la tassazione
per trasparenza: in mancanza di riserve di quest'ultima tipologia, si
applicano le disposizioni contenute nell'articolo 47, comma 5, del nuovo
Tuir e la distribuzione non costituisce evento reddituale per la società
partecipante;
b) nel patrimonio netto della società partecipata sono presenti
riserve di utili formatesi in periodi d'imposta in cui non è stata efficace
la trasparenza: opera la presunzione di cui all'articolo 47, comma 1, del
nuovo Tuir e si assumono prioritariamente distribuiti gli utili o riserve di
utili che non hanno natura di riserve di capitale, per la quota di esse non
accantonata in sospensione d'imposta. Tali somme, pertanto, concorrono a
formare il reddito della società partecipante nella misura già ricordata al
punto 2.
Cessione delle quote sociali
Variazioni della compagine societaria - In analogia a quanto accade con le
società di persone, il momento rilevante per l'imputazione degli utili ai
soci è - salvo quanto si dirà successivamente - la chiusura del periodo
d'imposta della società partecipata. Ciò, si segnala, può portare - in
ipotesi di socio con periodo d'imposta "a cavallo" sfalsato "in avanti"
rispetto a quello della società partecipata - a un (legittimo) slittamento
della dichiarazione della quota di reddito imputata e del versamento delle
relative imposte. La variazione della compagine sociale o delle quote di
partecipazione agli utili avvenute in corso d'anno segue le regole già note
per le società di cui all'articolo 5 del Tuir e quindi le modifiche nelle
quote di partecipazioni agli utili dei soci, non legate a variazioni della
compagine sociale, hanno efficacia solo a partire dal periodo d'imposta
successivo (sul punto si vedano anche le istruzioni al quadro RK di Unico
Società di persone). Tale interpretazione è evidentemente ispirata a ragioni
di cautela fiscale, onde evitare (soprattutto nell'ambito della "piccola
trasparenza") che la cessione di quote in prossimità della chiusura del
periodo di imposta venga utilizzata per canalizzare l'imputazione del
reddito imponibile sui soci che liquidano l'Irpef con applicazione di
aliquote progressive comparativamente più basse. Per le stesse esigenze di
cautela fiscale, l'eventuale cessione del diritto di usufrutto sulla quota
manifesterà i propri effetti fiscali, ai fini dell'imputazione del reddito
della partecipata, a partire dal periodo d'imposta successivo alla suddetta
cessione.
In caso di variazione della compagine societaria, il socio che cede la
propria quota è tenuto a comunicare al socio cessionario l'avvenuta opzione,
nonché l'ammontare dei redditi che gli sono stati in passato imputati per
trasparenza dalla società partecipata. Tale ultima comunicazione risulta
necessaria poiché gli utili, che eventualmente verranno distribuiti al socio
cessionario, sulla base di quanto disposto dal comma 12 dell'articolo 115,
riducono per il socio stesso il costo fiscalmente riconosciuto della
partecipazione detenuta nella società trasparente, fino a concorrenza dei
redditi imputati e non rappresentano normali "dividendi". importante sempre
rammentare che chi acquista le quote "subi#sce" - volente o nolente - il
regime di "trasparenza" sino al momento dell'eventuale rinnovo, dato che non
è previsto che, fino a tale data, una sua eventuale contrarietà possa in
alcun modo interferire con il regime già vigente. Ciò, naturalmente, purché
egli abbia i requisiti richiesti dal Legislatore per la trasparenza
("piccola" o "gran#de" che sia), dato che, in caso contrario, la cessione
della quota determina l'interruzione - per la partecipata e per tutti i
partecipanti - dal regime in questione. Va ricordato che la modifica delle
percentuali di partecipazione agli utili e dei diritti di voto tra i soci
e/o la modifica della compagine sociale non comportano l'automatica perdita
di efficacia dell'opzione: anche al verificarsi di tali cambiamenti,
infatti, è garantita la possibilità di continuare ad avvalersi della
trasparenza fiscale se comunque permangono in capo ai soci i requisiti
previsti dal Legislatore (articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale).
Con riferimento all'informazione al nuovo socio, l'Agenzia delle entrate ha
"disegnato" questa comunicazione come un rapporto "di natura privatistica"
tra il socio uscente e il suo cessionario, senza che eventuali "reticenze"
possano avere alcun effetto sulla validità dell'opzione e sulla sua
prosecuzione (fatte salve, naturalmente, conseguenze di natura civilistica).
In caso di aumento del capitale sociale con ingresso di nuovi soci,
l'obbligo di informazione dell'avvenuta opzione ricadrà sulla partecipata;
anche in questa ipotesi l'opzione esercitata dai vecchi soci vincola coloro
che entrano a far parte della compagine sociale, persino nel caso in cui i
nuovi soci non siano stati informati della circostanza che la società aveva
optato per il regime di trasparenza.