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L’atto tributario va Motivato ab origine, non è consentito integrare la motivazione in udienza
Nel lontano 1990, fu varata la Legge 241/90, che all’art. 3 stabiliva che la pubblica amministrazione doveva debitamente motivare i propri atti. Successivamente l’art. 7 della Legge 212/2000, statuto del contribuente, stabiliva che gli atti tributari devono essere adeguatamente motivati, in modo da permettere la ricostruzione dell’iter logico giuridico in base alla pretesa. Nel 2007 la Corte Costituzionale con sentenza 109/2007 ha statuito, che anche nel processo tributario è pienamente applicabile l’art. 2967 del cc, ossia chi vanta un diritto lo deve provare.
La motivazione quindi, ossia la ragione della pretesa tributaria, riveste una funzione fondamentale, dalla motivazione non solo deve scaturire il procedimento logico giuridico, ma devono scaturire anche gli elementi di prova della pretesa.
La motivazione riguarda non solo gli atti dell’agenzia delle entrate come ente impositore, ma anche gli atti della riscossione, non è quindi fondata la tesi che la motivazione va circoscritta agli atti dell’ente impositore, ma va applicato sia al concessionario della riscossione, sia agli ausialiri (Gdf ) per espressa previsione dell’art. 17 della Legge 212/2000. In tal senso Cass. civ. Sez. V, 10-10-2008, n. 24912
Ogni qualvolta mi sono trovato sentenze che hanno stabilito che la motivazione non si applica agli atti della riscossione, riscontro delle tesi dell’ufficio riprese dai giudici senza alcun fondamento e riscontro giuridico.
Qualora il provvedimento impugnato risulti viziato da carenza di motivazione, il giudice tributario deve limitarsi ad una pronuncia di annullamento, senza proseguire ulteriormente l'indagine sull'effettiva sussistenza del debito di imposta e sostituirsi quindi all'Amministrazione finanziaria nell'attività di accertamento. (Cass. Sent. n. 11461 del 3 novembre 1995, Cass., SS.UU., 2 aprile 1986, n. 2246), dovendo in tale ipotesi il giudice tributario limitarsi ad una pronuncia d'annullamento (Cass., SS.UU., 26 ottobre 1988, n. 5782).
Procedimento logico-giuridico, significa che oltre a far comprendere chiaramente per quale motivo l’atto tributario giustifica di fattoi la pretesa, ma che in base a quale norma, che deve essere rigorosamente indicata.
La motivazione deve risultare adeguata, nell’atto tributario notificato, per cui non può essere integrato o modificato in udienza, come spesso succede.
Molto spesso mi capita che l’ente impositore cerca di sopperire alle mancanza motivazionali, integrando con le controdeduzioni.
Orbene, la Cassazione con l’ordinanza n.28655.2018 depositata il 09/11/2018 ribadisce questo principio di diritto: Non è consentito all’ente impositore integrare o modificare la motivazione nel corso del processo tributario, l’art. 7 della Legge 212/2000 impone un adeguata motivazione ab origine.
In tale senso Cassazione ordinanza n. 3414.2017, Cassazione sentenza n. 23248/2014
La motivazione di una pretesa impositiva deve sussistere ab origine ed essere necessariamente contenuta all’interno dell’atto di accertamento notificato al contribuente: i contenuti dell’atto delimitano le ragioni fondanti, di fatto e di diritto, della pretesa, da cui l’impossibilità di una integrazione o sostituzione in corso di giudizio o nelle fasi prodromiche. È il principio ribadito dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 3414/2017
Motivazione che deve sussistere ab origine, cioè sin dall’inizio, non essendo suscettibile di amplificazioni successive alla notifica dell’avviso d accertamento. Del resto, conclude la Cassazione, «per giurisprudenza costante di questa Corte, la motivazione delimita, oltre che il petitum, la ragione fondante, di fatto e di diritto, della pretesa impositiva, donde l’impossibilità di una sua sostituzione o integrazione in corso di giudizio».
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