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ANATOCISMO I rapporti tra banche e clienti sono spesso fonte di contenzioso civile: i clienti, infatti, contestano agli istituti di credito – spesso a ragione – l’applicazione in mutui, conti correnti, aperture di credito, ecc. di interessi usurari oppure dell’istituto dell’anatocismo. L’anatocismo può essere definito come la capitalizzazione degli interessi dovuti dal cliente alla banca: in altre parole, grazie a questo istituto gli interessi non vengono calcolati solo sul capitale dovuto, bensì sul capitale maggiorato degli interessi maturati sino a quel momento. In sostanza, il cliente applicando l’anatocismo è chiamato a pagare all’istituto di credito anche gli interessi sugli interessi. La capitalizzazione tipicamente può essere trimestrale oppure annuale. Nel corso degli anni l’anatocismo è stato oggetto di diversi interventi, sia normativi che giurisprudenziali: nei primi anni 2000 il Legislatore ha mostrato sostanzialmente un atteggiamento di tolleranza nei confronti degli istituti di credito, legittimando l’applicazione dell’anatocismo trimestrale a far data dalla delibera del CICR del 21 aprile 2000, a condizione che analoga capitalizzazione venisse applicata anche agli interessi attivi. L’anatocismo annuale, invece, veniva ritenuto comunque legittimo. Successivamente, però, la legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013, comma 629) ha nuovamente modificato l’art. 120 del testo unico bancario (D.Lgs. n. 385/1993), sancendo la illegittimità di ogni forma di anatocismo a far data dall’entrata in vigore della stessa legge di stabilità. Ora la nuova pronuncia della Cassazione delinea un nuovo e più restrittivo orientamento giurisprudenziale, volto a rendere illegittima qualsiasi forma di anatocismo anche applicato prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità 2014: le somme pagate dai clienti agli istituti di credito applicando l’anatocismo, dunque, dovranno essere restituite. Ai clienti che sospettino di aver subito l’applicazione di interessi anatocistici, dunque, non resta che rivolgersi ad un avvocato per verificare – congiuntamente ad un commercialista – l’eventuale applicazione di tali interessi da parte della propria banca e, in caso positivo, agire per la restituzione di quanto pagato in eccedenza.
La
responsabilità della banca e i danni
La banca e gli istituti di credito rispondono dei danni
procurati ai clienti e a terzi, sia
per attività diretta (interessi, anatocismo, informazione ecc.), che indiretta
(fatto illecito del dipendente).
·
Danno da illegittima
negoziazione di assegni
Si verifica nell'ipotesi in cui la banca paghi un assegno
contraffatto e/o alterato, ovvero quando paghi un assegno ad un soggetto non
legittimato all'incasso.
Le ipotesi più frequenti sono:
- pagamento di assegno con la clausola non trasferibile a
soggetto diverso dall'intestatario indicato nel titolo stesso;
- pagamento di assegno con girata irregolare.
La ratio della responsabilità è nel fatto che la banca deve
identificare la persona che incassa l'assegno e deve verificarlo come il
legittimo prenditore indicato nel titolo stesso.
·
Responsabilità e danni dovuti
dalla banca per omesse informazioni in materia di intermediazione finanziaria.
La banca nel operazioni di fornitura di servizi di
investimento deve comportarsi con diligenza informando sempre e
continuativamente gli investitori.
La banca è obbligata a tale comportamento dal D.Lgs n. 58 del
1998 e dal Regolamento Consob del 1998.
In sostanza, gli istituti di credito devono agire con
"diligenza, correttezza e trasparenza" (sin dall'inizio e al momento della
proposta di investimento), devono fornire durante gli investimenti tutte le
informazioni necessarie al cliente per la corretta gestione del proprio
patrimonio, devono consigliare i clienti solo dopo averli adeguatamente
informati rischi, costi, ipotesi di investimento ecc.).
Nei contratti di investimento non possono
essere introdotte specifiche pattuizioni di esonero per la banca dal
fornire tutte quelle informazioni di cui alla detta normativa.
La violazione di tali norme è causa di risoluzione del
contratto per inadempimento ovvero è causa di nullità del contratto con la banca
per violazione di norme imperative. Con risarcimento dei danni.
·
Gli interessi bancari
nell'affidamento e nello scoperto di conto corrente
Se siete titolari di uno scoperto di conto corrente e/o
affidamento con tasso d'interesse passivo pattuito, controllate sempre
l'estratto conto trimestrale inviato dalla banca per verificare se la banca
abbia o meno applicato il tasso concordato e gli interessi siano corretti. Tale
controllo è necessario se si considera che può accadere che la banca ne applichi
uno superiore.
Sembrerà strano, ma proprio chi ha richiesto e ottenuto uno
scoperto di conto corrente o affidamento dalla banca non verifica mai le singole
partite o operazioni o interessi indicati nell'estratto conto che
trimestralmente invia la banca, non verifica, in particolare, il conto relativo
agli interessi. Il cliente in questo caso controlla esclusivamente il risultato
finale: la disponibilità del fido, la diminuzione o l'aumento dell'esposizione
(in realtà credo che neppure questo accada, in quanto l'affidato che usa lo
scoperto richiede allo sportello più volte, il saldo; per avere in qualsiasi
momento il controllo della situazione). In ogni caso, anche nella ipotesi in cui
si avvedesse della applicazione da parte della banca di un tasso di interessi
superiore, non sempre il cliente potrebbe evidenziare.
Un correntista che, invece, ha un conto corrente attivo
controlla effettivamente gli estratti conto trimestrali, in ogni loro partita, e
se nota qualcosa che non va, immediatamente fa valere le proprie ragioni.
Ulteriore questione è se l'invio dell'estratto conto sani e
convalidi l'aumento del tasso passivo operato unilateralmente dalla banca.
Il 1° comma dell'art. 1832 civile specifica che l'estratto
conto s'intende approvato se non contestato nel
termine pattuito o previsto dagli usi e al comma 2 che l'estratto deve essere
impugnato entro il termine decadenza per errori o di scritturazione o di calcolo.
Ma la mancata contestazione e/o impugnazione non preclude la
contestazione relativa alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da
cui derivano gli addebiti o gli accrediti: in sostanza, può sempre impugnarsi
(nel termine di prescrizione di dieci anni) l'applicazione da parte della banca
di un tasso d'interesse passivo superiore al pattuito.
Infatti, l'art. 1284 del codice civile prevede che gli
interessi ultralegali debbano essere pattuiti con atto scritto e tale forma
scritta è richiesta ad substantiam. In difetto, sono dovuti alla banca gli
interessi legali o, naturalmente, quelli pattuiti in misura inferiore ed è
possibile richiedere alla banca quanto indebitamente percepito negli ultimi
dieci anni.
Da ormai circa venti anni sono iniziate le cause con le
banche per l’evidente comportamento illecito tenuto dalle banche nei confronti
dei clienti nel maggior parte dei casi in debito.
Si è fatto un gran parlare dell’anatocismo, delle valute,
delle commissioni massimo scoperto, del superamento del tasso soglia, ma spesso
in modo inesatto.
E’ bene chiarire
subito che l’anatocismo ovvero la capitalizzazione trimestrali degli interessi
(interessi su interessi) a decorrere dal
01.07.2000 è legittimo.
Ciò deriva dalla
Delibera CICR del 09 febbraio 2000
che stabilisce che a partire dal 01.07.2000
il metodo di calcolo anatocistico è legittimo a patto che
vi sia reciprocità tra i calcoli per gli interessi debitori e quelli creditori.
Pur tuttavia, sempre la delibera citata prevede che per
applicare l’anatocismo e in caso di peggioramento delle condizioni la Banca
debba rinegoziare le condizioni con forma scritta e non attraverso la
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
In buona sostanza
tutti i contratti stipulati con la Banca e/o con Enti finanziari
anteriormente al 30 giugno 2000
sono parzialmente nulli nella parte che prevede il calcolo anatocistico degli
interessi.
Ciò comporta che l’eventuale saldo negativo (positivo a
favore della Banca) non è dovuta quanto meno nella misura richiesta dalla Banca
il ché comporta un ricalcolo dei rapporti dare ed avere che, evidentemente,
inficia tutti i dati contabili successivi a tale data.
Poniamo il caso che la Banca invia un estratto conto al 31
dicembre 1999 che riporta un saldo – 30.000,00, tale saldo non è conseguenza di
calcoli legittimi e, quindi, inevitabilmente sarà inferiore.
Per vedersi riconoscere ciò è
necessario, quanto meno opportuno, essere in possesso degli estratti conto
trimestrali altrimenti la richiesta si complica atteso che la Banca, a richiesta
e previo pagamento, rilascia copia della documentazione relativa gli dieci anni.
La citata delibera stabilisce che ove le condizioni sono
peggiorative bisogna stipulare un nuovoi contratto tra banca e cliente non
essendo sufficiente la comunicazione erga omnes sulla Gazzetta Ufficiale.
E’ indubbio che
passare dal calcolo senza capitalizzazione ante 30.06.2000 al calcolo
anatocistico degli interessi trimestrali è sicuramente peggiorativo e, quindi,
sono affetti da nullità tutti i calcoli
anche a decorrere dal 01.07.2000
circostanza, questa, che offre la possibilità al cliente della Banca di
promuovere un giudizio per il ricalcolo dei rapporti dare/avere che
inevitabilmente vedrà un saldo sicuramente penalizzante per la Banca che,
facilmente ed unilateralmente, utilizza criteri illegittimi nella gestione
contabile dei conti correnti.
Altra questione è
la commissione massimo scoperto
che è nulla e non dovuta e, quand’anche un Giudice la ritenesse legittima per
essere oggetto di una pattuizione contrattuale (che la banca dovrà dimostrare)
la stessa sarebbe da considerare ai fini del calcolo del costo del danaro e
dell’eventuale superamento del tasso soglia usura.
Così anche per le commissioni post commissione massimo
scoperto (utilizzo fido e utilizzo temporaneo sconfinamento fidi).
In conclusione :
1. È buona regola mantenere tutta la documentazione cd. bancaria;
2. Va analizzato il rapporto in merito alle condizioni applicate ed al superamento del tasso soglia usura, ed elaborare una perizia che indichi l’esatto ammontare del rapporto dare/avere (è sicuramente un conteggio di parte ma anche quello della banca è di parte);
3. Va messa in mora la banca;
4. Va richiesta, in mancanza di accordo, la mediazione che per tale materia è obbligatoria ai fini di una eventuale tutela dinanzi al Tribunale;
5. Va promosso un giudizio per la rideterminazione dei rapporti dare/avere;
6.
La decisione è sicuramente favorevole al cliente della banca anche se non è
prevedibile la misura dei vantaggi (ovvero se si riesce a recuperare 10, 20, 30
e così via). Tutto dipende dalla documentazione in possesso e dalle
movimentazioni effettuate sul conto.
A Cura dell'Avv. Enrico De Feo, Avv. Luca Piscitelli e Dott. Giuseppe Marino
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