Dott. Giuseppe Marino - specialista in ricorsi tributari - www.studiomarino.com orari d'ufficio 9.30-12.30 e 15.30-18.30
081/5706339 081/0060351 Consulenza a pagamento
L'art. 7 comma 4 del Dlgs 546/92 noto come codice del contenzioso tributario stabilisce: Non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale. Risulta subito chiaro che tale divieto, pone un limite al diritto di difesa del contribuente, che in molti casi in assenza di prove documentali, l'unico mezzo di difesa e' rappresentato solo dalla prova testimoniale.Il contrasto dell’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992 con l’art. 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo e con l’art. 111 della Costituzione appare evidente, limitati di diritti dell'uomo e sacrificato il giusto processo a favore del fisco, che parte già avvantaggiato e non in condizione di parità come invece richiesto dallo statuto dei contribuenti legge 212/2000.
Che il divieto della prova testimoniale, pregiudichi gravemente, sul piano probatorio, la posizione del contribuente-ricorrente, senza che si profilino apprezzabili rimedi alternativi, appare obiettivamente incontestabile, come appare incontestabile la sua incostituzionalità. La possibilità dell’Amministrazione di acquisire anche apporti genericamente testimoniali (come nel caso dei questionari inviati agli affittuari), sia pure con valore di semplici indizi, e l’impossibilità o grave difficoltà del contribuente di fare altrettanto (per le ragioni già indicate), si pongono come un deciso, ulteriore aggravamento di una posizione già notevolmente compromessa.
E' auspicabile pertanto un intervento del legislatore o in alternativa una pronuncia della Corte Costituzionale, tale da riequilibrare i rapporti tra fisco e contribuente, già seriamente squilibrati a favore del fisco.